sabato 19 aprile 2014

Gestione dei rischi industriali: uno strumento per anticipare crisi e conflitti. Parte 1


I sistemi industrali complessi, quali una raffineria o una centrale nuclerae, sono caratterizzati da un elevato rischio operativo e da una elevata complessità. Elevato rischio operativo e elevata complessità che, per chi non ha mai dovuto affrontari in  ambito industriale, sono assimilabili alla sensazione di essere in balia degli eventi che proviamo nell’era attuale della globalizzazione.

La nostra capacità individuale e collettiva di dominare questa crescente complessità non è sufficiente a farci dormire sonni tranquilli.

Viviamo in tempi turbolenti, dominati da incertezze, recessioni e mercati sempre più volatili. Queste ed altre manifestazioni della globalizzazione stanno contribuendo ad un aumento drammatico di complessità in tutte le sfere della vita sociale e, in maniera particolare nell’economia. Ma la globalizzazione è il risultato dell’aumento della complessità o è proprio l’aumento della complessità che da luogo alla globalizzazione?
La globalizzazione, dal nostro punto di vista, emerge spontaneamente quando un sistema socio-economico raggiunge un sufficiente grado di complessità. L’aumento globale della complessità – che è conseguenza di determinate leggi della fisica – è ciò che rende inevitabile la globalizzazione. Per gli stessi motivi, una società sufficientemente complessa produce, inevitabilmente, fenomeni come il terrorismo o l’emergenza di conflitti.

La nostra società globale è come una enorme e dinamica rete, composta da nodi e collegamenti. Il numero di collegamenti fra i nodi (individui, aziende, mercati, nazioni) stanno aumentando velocemente, così come il numero di nodi stessi. Analogamente a quanto accade nei sistemi industriali complessi.

Una caratteristica fondamentale di questa rete è la sua entropia, che ne quantifica l’incertezza. Poiché i nodi non si comportano sempre in un modo razionale e prevedibile, i collegamenti sono “sporchi”. Poiché globalmente la quantità di entropia può soltanto aumentare – conseguentemente alla Seconda Legge della Termodinamica - mentre nuovi collegamenti vengono creati, molti altri vengono distrutti. Questo processo è inevitabile. Infine, la rete è instabile, dinamica e stocastica e il suo sviluppo e la sua entropia stanno accelerarando velocemente. A che conduce tutto ciò? Il nostro mondo diventerà sempre più più complesso, incerto e turbolento. L’unica costante è il cambiamento ed il tasso di crescità della complessità sta aumentando.

È quindi facilmente comprensibile quanto sia difficile ed arduo prendere le giuste decisioni in circostanze simili. Non c’è più tempo per cercare ed implementare soluzioni ottimali ai problemi che oltretutto sono intrinsecamente fragili e che sono più adatte a circostanze dominate da stati di determismo. Ambienti instabili, incerti e in rapida evoluzione, richiedono decisioni veloci e robuste.

Oggi è possibile misurare la complessità di queste reti in una maniera razionale. È inoltre possibile misurare il tasso di aumento della complessità. Chiaramente, alta complessità implica un elevato sforzo di gestione.

Ecco perché, intuitivamente, gli esseri umani preferiscono star lontani da situazioni altamente complesse. La migliore tra le soluzioni funzionanti è quella più semplice. 

Ma grazie allo studio della complessità siamo in grado di valutare quando le reti dinamiche cominceranno a sgretolarsi. Infatti, una data rete dinamica non può svilupparsi oltre il proprio limite “fisiologico” noto come complessità critica. Quando questo limite viene raggiunto, la rete diventa criticamente complessa e si comincia a comportare in maniera fragile diventando, quindi, vulnerabile. Quando una parte della rete globale “soffre” o si spezza, abbiamo una crisi.

L’alta densità dei collegamenti garantisce una veloce propagazione delle crisi e dei traumi nel resto della rete. Quindi un problema locale si trasforma rapidamente in un problema globale.

La crisi sub-prime degli Stati Uniti ne è un buon esempio. La crisi si è espansa rapidamente attraverso l’economia mondiale.

A causa della natura della rete e, per di più, a causa della relativa complessità che velocemente aumenta, simili crisi diventeranno sempre più frequenti in tutti I sistemi complessi.

Siccome queste crisi hanno un impatto non più locale ma globale sorge una domanda a cui dare una risposta: È possibile anticipare e quindi prevedere tali crisi? Può l’anticipazione di crisi trasformarsi in un nuovo paradigma di gestione e di management? La risposta è affermativa.

Oggi, grazie alla disponibilità di soluzioni innovative che consentono di misurare e di gestire la complessità, è possibile anticipare crisi e conflitti. La disponibilità di un efficace sistema di pre-allarme ha un valore economico e politico significativo.

Il concetto è semplice: lo stato di salute di un dato sistema è proporzionale alla differenza fra la sua complessità critica ed il valore attuale di complessità. In prossimità della soglia di criticità il sistema diventa fragile e quindi vulnerabile.

Il punto è, quindi, la capacità di poter misurare sia la complessità così come il corrispondente limite critico. Ontonix ha sviluppato delle misure “naturali” per entrambi, lavoriamo direttamente con i dati grezzi estraendo regole e relazioni tra i parametri utilizzando delle tecniche di trattamento d’immagine appositamente sviluppate.

Con queste premesse possiamo stabilire che un sistema entra in uno stato di pre-crisi quando si avvicina alla propria soglia di complessità critica. La misurazione dell’andamento della distanza di un sistema dalla relativa complessità critica fornisce direttamente una misura della sua vulnerabilità. 

I sistemi che vengono mantenuti ad una distanza di sicurezza dalla criticità sono robusti e quindi godono di una bassa esposizione al rischio. Questa regola ha validità generale e si può applicare ad a impianti industriali complessi (centrali nucleari) così come a sistemi più ampi (settore immobiliare o il controllo del traffico aereo). L’enorme valore di questa metodologia trova le sue radici in un fatto fondamentale: il crollo di sistemi sufficientemente complessi è spesso dovuto a cause endogene. Eventi traumatici provenienti dall’esterno (esogeni) non sono affatto necessari per distruggere un sistema molto complesso. E’ proprio l’elevata complessità che diventa causa primaria della loro naturale vulnerabilità. La storia è piena di esempi. 

SEGUE....


sabato 5 aprile 2014

Theory of Constraints e altro - una bibliografia completa

Dopo quasi 20 anni che bazzico la TOC, dopo averla mescolata con molte altre metodologie e tecniche affini , non ho ancora pubblicato una bibliografia completa (spero), rimedio con questo post, dopo una giornata spesa a raccontare i fondamenti della TOC, èuna degna conclusione.

Troverete tutti i libri di Goldratt, quelli di Deming, quelli scritti da altri autori degni di essere letti e studiati  infine i nostri. Buona lettura a tutti.



Bibliografia di Goldratt

Business novels


Nonfiction books


W.E.Deming,

·       Out of the Crisis.Massachussets Institute of Technology Center for Advanced Engineering Study, Cambridge, Mass. (1982)
·   The New Economics for Industry, Government, Education. Massachussets Institute of Technology Center for Advanced Engineering Study, Cambridge, Mass. (1993)
·       Henry Neave, The Deming Dimension. SPC Press, Knoxville, Tenn. (1990).
·       Cecilia S. Kilian, The world of W. Edwards Deming. SPC Press, Knoxville, Tenn. (1992)

British Deming Association Booklets (Salisbury, Wiltshire)

·       A1 A brief history of Dr. W. Edwards Deming. 1989
·       A4 Why SPC, 1990
·       A9 A System of profound knowledge, 1991
·       A16 How SPC, 1990
·       A17 Flowcharting: how and why, 1995
·       A21 W. Edwards Deming (1900-1993): the man and his message , 1997

Donald J. Wheeler,

·       Advanced Topics in Statistical Process Control. SPC Press, Knoxville, Tenn. (1995)
·       Four Possibilities. SPC Press, Knoxville, Tenn. (1983)
·       Understanding Statistical Process Control. SPC Press, Knoxville, Tenn.(1992)
·       Understanding Variation. SPC Press, Knoxville, Tenn.(1994)
·       Building Continual Improvement. SPC Press, Knoxville, Tenn.(1998)

Walter A. Shewhart,

·       Economic Control of Quality of manufactured Product. Van Nostrand Company Inc. New York (1931); American Society for Qyality Control (1980)
·       Statistical Methods from Viewpoint of Quality Control. Edited by W. Edwards Deming. Dover, Mineola, New York 1986.

General

·       Peter M. Senge, The fifth Discipline. Doubleday, New York (1990)
·       Brian Joiner, Fourth Generation Management. Mc Graw Hill, Inc. New York (1994)
·       Lepore D. Cohen O, Deming and Goldratt, the decalogue, North River Press, Great Barrington, Mass. (1999).
·       G. Zukav, La danza dei maestri Wu Li, Corbaccio Edizioni, 2004
·       G. Altshuller , The Innovation Algorithm – TRIZ systematic innovation and technical creativity , Technical Innovation Center Inc., Worcester MA1999
 .     Innovazione Sistematica Un'introduzione a TRIZ (Teoria per la Soluzione dei Problemi Inventivi)- http://www.soluzioninventive.com/Innovation/book_innov.htm
·       D. Mann, Hands on systematic innovation, Creax Press,  Leper Belgium ,2002
·       Robert C. Newbold, Project Management in the Fast Lane – Applying the Theory of Constraints – APICS series on TOC 1998
·       Larry Leach, The Critical Chain Managers’ Filedbook – Quality Systsems 1997
·       G. Bennett Stewart, III                 The quest for value                 HarperBusiness
·       H. William Dettmer                 The logical thinking process                 ASQ Quality Press
·       James Cox, Johm Blackstone, John Schleier                 Managing Operations. A focus on excellence (2 volumi)                 North River Press
·       James Cox, John Schleier                 Theory of Constraints Handbook                 Mc Graw Hill
·       Corbett, Thomas Throughput accounting St. Lucie Press
·       Nilton Bonder                 La teoria della felicità economica                 Sperling & Kupfer editori
·       Claudio Vettor                 Miscellanea TOC – scritti vari sulla TOC                 www.ilmiolibro.it
·       Claudio Vettor                  TOC e dintorni                 www.ilmiolibro.it
·       Claudio Vettor                 Comprendere la variabilità                 www.ilmiolibro.it
·       Claudio Vettor, Tarcisio Mussi                 La nostra saga con la TOC – casi di applicazione della TOC dal 1995 al 2010                 www.ilmiolibro.it

venerdì 4 aprile 2014

Late Night Discussion #5 - Il fattore critico di successo dei giapponesi

Le Late Night Discussion (conversazioni a tarda ora) sono una raccolta di articoli scritti verso la fine degli anni ottanta da Eli Goldratt con l'obiettivo di stimolare una riflessione su temi cruciali per la gestione d'impresa.
Mi sembra che siano sempre attuali (in alcuni casi, come questa, profetiche) e come per gli articoli di Tony Rizzo ne pubblico la traduzione , fatta nei lontani anni novanta.
Personaggi e interpreti:
 Alex, è Alex Rogo il protagonista di 2 business novell scritte da Goldratt, la prima, conosciuta in tutto il mondo e persino tradotta in Italiano - The Goal - L'Obiettivo - dell'inizio degli anni '80, la seconda, molto meno conosicuta ma molto più rilevante nella storia della TOC - It's not luck, del 1994.
Jonah, amico e compagno di studi di Alex, di professione consulente, non da risposte ma fa solo buone domande.


"Non è sorprendente?"

"Cosa è così sorprendente?" chiede Jonah più per educazione che per reale interesse.

"La forza di un’affermazione di principio" rispondo con impazienza.

Il sopracciglio destro di Jonah si alza, chiara indicazione del fatto che non ha la benché minima idea di quello di cui sto parlando.

"La misura in cui una nazione può prosperare solo perché è determinata a seguire una breve frase," completo.

"Che c’è di tanto sorprendente ?" è la piatta risposta di Jonah. "Un obiettivo verbalizzato è sempre stata una delle armi più potenti nella storia delle nazioni."

Cosa si può dire dopo un commento simile? Rinunciando alla possibilità di avere una discussione animata stasera, rivolgo lo sguardo alle fiamme che danzano nel caminetto. Cinque minuti più tardi, Jonah rompe il silenzio. "Alex, che nazione e che tipo di frase hai in mente?"

"Giapponese, naturalmente."

"Sì, naturalmente. Mi sarei dovuto ricordare della tua fissazione per il Giappone. Vogliamo scommettere che la frase che hai in mente non è l’espressione di un obiettivo ma qualche logoro cliché del tipo ‘eliminare gli sprechi’?"

"No, Jonah." sorrido. "Ho imparato ormai che se ci si concentra a risparmiare un cent di qua e uno di là il risultato è il risparmio di due cent, niente di più. Questo non è certo il modo per fare fortuna nell’industria."

Jonah non sembra convinto.

"I prodotti giapponesi non sono più quelli maggiormente a buon mercato sulla piazza" gli ricordo. "Al contrario, sono piuttosto costosi. Inoltre, i salari in Giappone sono considerevolmente più alti dei corrispondenti in Europa e negli USA e negli ultimi anni il corso del cambio valutario si è volto contro di loro in modo significativo. Così l’unica conclusione ragionevole è che la gara in cui sono avvantaggiati non può essere quella a chi risparmia nelle spese di gestione ma deve essere qualcosa che impatta sulla capacità di aumentare il throughput. ‘Eliminare gli sprechi’ non può essere l’affermazione centrale. Quella a cui penso io è ‘le scorte sono una passività’."

"Proprio come pensavo" mormora Jonah tra sé.

Leggermente irritato continuo a condurre la discussione nella stessa direzione. "Il fatto che i giapponesi seguano religiosamente questa affermazione di principio è, ai miei occhi, la chiave del loro stupefacente successo."

"Davvero?" chiede Jonah.

Quanto odio questa parola! Quando Jonah la pronuncia, col suo accento israeliano, arrotando la ‘r’ ed enfatizzando la ‘e’ ‘davveeeerrrro???’ , vuol dire ‘hai assolutamente, completamente e decisamente torto e nei prossimi minuti te ne renderai perfettamente conto.’ Questa volta si sbaglia. Stavolta è caduto nella mia trappola. So che linea offensiva userà e sono pronto al contrattacco.

"Sì", dico con sicurezza " a dispetto di quello che tutti sostengono non è ‘qualità!’ , e posso provarlo facilmente. Negli ultimi anni i prodotti americani ed europei hanno colmato il gap qualitativo . Per la maggior parte dei prodotti il livello di qualità è pari se non superiore ma ciò nonostante la bilancia commerciale continua a pendere in favore del Giappone, esattamente come prima. Se questa non è una prova decisiva non so cosa possa essere. Come ho detto, la cosa che dà loro un vantaggio schiacciante è la salda convinzione che le scorte sono una passività" concludo in tono trionfante.


Jonah non sembra impressionato, ma al contrario addirittura divertito. Deve esserci qualcosa di sbagliato nel mio ragionamento ma dove? Scosso nella mia sicurezza, aspetto una risposta.

"Alex, non agitarti." dice con voce suadente. "E soprattutto non costruirti una trincea emotiva. Sono assolutamente d’accordo con te sul fatto che la qualità, benché sia un ingrediente importante, non costituisca la ragione principale del successo giapponese. Ma, se non sbaglio, il tema sul tavolo è se il modo di considerare le scorte rappresenti il nocciolo della questione o se, ancora una volta, sia solo una componente."

Vedendo la mia espressione continua precipitosamente " ti prego, non dirmi che hai già fatto tua questa frase. Non dimenticare che, come ‘qualità!’, anche ‘ le scorte sono una passività’ è un’affermazione che tutti rivendicano come loro."

"Benissimo" dico alla fine, quello che mi piace delle discussioni con Jonah è che lo scopo non è avere la meglio in una disputa o dimostrare chi è il più brillante ma acquisire una comprensione più profonda di un argomento. Così faccio rapidamente piazza pulita delle mie misere tentazioni egoistiche e aspetto con ansia di vedere come Jonah affonderà il suo scalpello logico nella materia della discussione.

"Penso che sarai d’accordo con me che è improbabile che un’affermazione sbagliata possa portare un intero paese alla prosperità. Abbiamo supposto che la frase ‘le scorte sono una passività’ sia la ragione fondamentale del successo giapponese. Quindi il minimo che dobbiamo fare è esaminare se questa affermazione sia o no errata."

"Come pensi di fare?"

"Per esempio, ponendo una domanda assolutamente ‘innocente’, del tipo ‘le scorte sono davvero una passività?’ "

"Ha senso" concordo. Un attimo dopo aggiungo "Non so ancora come andare avanti."

"Suppongo" dice Jonah "che dovremmo partire chiarendo a noi stessi cosa sia ciò che chiamiamo solitamente ‘passività’ e allora sarà facile estrarne la proprietà intrinseca che fa sì che ci riferiamo ad essa appunto come ‘passività’. Una volta identificata questa proprietà dovremo semplicemente verificare se le scorte la possiedono."

Annuisco.

"Cosa chiamiamo ‘passività’? L’unica cosa che mi viene in mente in questo momento è la barzelletta dell’ingegnere che costruisce i ponti e di sua suocera. Meglio che continui tu l’analisi. Ti spiace? "

"Assolutamente no" prendo la palla al balzo. "Un prestito dalla banca è passività, gli alimenti da pagare alla ex-moglie, qualsiasi cosa dobbiamo fare e non ci piace è una passività. Sono le catene che portiamo intorno al collo. Siamo sempre entusiasti all’idea di liberarcene. Se un banchiere mi chiamasse domani e mi chiedesse se sono d’accordo a che la banca cancelli i miei debiti, non avresti bisogno di essere un genio per conoscere la risposta. Sfortunatamente è assai improbabile che ciò accada. Questo dove ci porta? Oh, certo. Chi è che ci impedisce di liberarci dalle scorte? Di scagliarle domani mattina nel profondo dell’oceano? Naturalmente non ci sogniamo nemmeno di fare una cosa del genere. Niente scorte significa anche niente materia da lavorare e niente prodotti da vendere. Quante volte ho pregato di avere delle scorte per soddisfare un cliente che mi incalzava ululando! Inoltre, rinunciare alle scorte equivale a rinunciare a delle preziose attività, il che è stupido."

"Bene, bene." Jonah ride "Non dirmi che sei riuscito a convincerti che, tutt’ a un tratto, le scorte sono un’attività."


"Perchè no, questa è la categoria sotto la quale appaiono in sede di bilancio. E, come abbiamo concordato molto tempo fa, alla fine quello che conta è il risultato finale."

"Alex, stai parlando sul serio?"

"No, Jonah, sto scherzando. Stai tranquillo, non mi sono convinto che avere più scorte in magazzino sia meglio. Sappiamo benissimo che un eccesso di scorte riduce la capacità di competere sul mercato e di conseguenza il throughput futuro."

"Allora cosa sono le scorte? Attività o passività?" chiede Jonah.

"Secondo la nostra analisi, le scorte possono essere sia l’uno che l’altro. Quindi la vera questione dovrebbe essere : ‘quando sono attività e quando passività?’ Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricordarci che lo scopo di avere scorte è solo proteggere il throughput. Allo stesso tempo sappiamo che un eccesso di scorte mette a rischio il potenziale per ottenere più throughput. Seguendo questi principi penso che non mi sarebbe troppo difficile delineare una procedura che possa distinguere le scorte tra attività e passività. Credo che sia importante stabilire una simile procedura, specialmente alla luce del fatto che le circostanze cambiano assai rapidamente nelle nostre organizzazioni. Perché non dedichiamo una sera a discuterne? "

Jonah non sembra sopraffatto dall’entusiasmo.

"Pensaci" dico dopo un po’. "C’è un altro punto molto importante collegato a questo. Oggi, nel bilancio di qualunque azienda, le scorte vengono registrate sotto le attività. Se questo però non è sempre vero, se concordiamo sul fatto che una considerevole porzione delle scorte sono effettivamente una passività, in che modo dovremmo gestire il corrispondente cambiamento richiesto nei report finanziari?"

"Questo è parlare " Jonah è di nuovo preso.

Vado alla carica pieno d’entusiasmo."Se un’azienda si libera di una passività riducendo il suo eccesso di scorte, sul risultato finale ciò non dovrebbe avere un effetto negativo ma piuttosto positivo. Sì, il cambiamento richiesto ha delle implicazioni serie."

"Come ad esempio?" Jonah mi incoraggia a continuare.

"Come le conseguenze sulle valutazioni di Wall Street e quindi sui top manager delle aziende le cui azioni sono trattate alla Borsa Valori. Come l’impatto sulle aziende che devono soldi alle banche. E - non meno importante- le implicazioni sulle tasse."

"Bene, " dice Jonah "forse dobbiamo dedicare una serata a discutere questi problemi."

"Decisamente. Ma, Jonah, vorrei prima mettere un punto fermo alla nostra discussione originaria. Ero piuttosto convinto di aver trovato il motivo centrale del successo giapponese ma adesso mi rendo conto che era solo un ingrediente tra i tanti. Facciamo il punto della situazione. Sappiamo che non è la manodopera a buon mercato, non è il cambio favorevole, non è decisamente l’aiuto del governo e non sono le barriere doganali. La conclusione a cui siamo arrivati stasera è che non è la campagna per ‘eliminare lo spreco’ , non è ‘qualità!’ e nemmeno la campagna per ‘ridurre il magazzino’- sono tutte componenti importanti ma non sono l’elemento centrale. Ma quello che sappiamo soprattutto è che il nocciolo della questione è qualcosa che è legato alla capacità di aumentare costantemente il throughput ."

"Sì, Alex, questo lo sappiamo bene. Hai una qualche vaga idea di cosa possa essere?"

"Neanche un indizio. " confesso "Quello che ho adesso è un mal di testa galoppante."

"Lo prendo come un segnale del fatto che ne abbiamo abbastanza" concorda di buon grado.

"Francamente sì. Ma dammi almeno un indizio, qualcosa a cui aggrapparmi in modo che possa continuare a pensarci per conto mio. Non stasera."

"La mia riflessione" risponde Jonah, " è la seguente: i giapponesi si sono liberati del modello obsoleto del cost accounting nella misura in cui hanno capito che il prezzo del prodotto è un concetto derivato dal costo del prodotto più il margine. Ciò di cui probabilmente si sono resi conto è che, da quando il concetto di costo del prodotto non si applica più alla nostra realtà, la nozione di un prezzo di prodotto dato, fisso, è altrettanto devastante."

"Tu lo chiami un indizio?!"