
Fu un percorso travagliato che seguimmo in presa diretta nella speranza, poi delusa, che lo standard inglobassero perlomeno facesse esplicito riferimento alle metodologie più adeguate a supportare un'organizzazione genuinamente per processi.
La nuova versione dello
standard per i sistemi di qualità ISO9001:2000 sottolinea ulteriormente
l’importanza di elementi quali la sincronizzazione delle risorse, il focus sul
cliente, l’utilizzo di tecniche statistiche di analisi e misure, la definizione
di autorità e responsabilità, ecc… per una gestione efficace dei processi in
ottica di miglioramento continuo.
Le differenze introdotte
impongono una serie di cambiamenti che prefigurano un comportamento aziendale
diverso da quello tradizionale. Il modo in cui si pensa l’azienda influisce
profondamente sul modo in cui la si gestisce. L’attuale versione delle norme
ISO ha consentito alle aziende di pensarsi in termini di “flusso di processi”
nella costruzione di un sistema qualità, ma di rappresentarsi (e quindi
gestirsi) con il tradizionale organigramma.
La necessità che ha dato
origine in passato a questa rappresentazione è quella sacrosanta di mantenere
il controllo della situazione in ogni istante sapendo “chi riporta a chi”. Con
il passare del tempo, tuttavia, si è sentita sempre più forte la necessità per
le organizzazioni di far fronte alla crescente complessità delle operazioni e
delle interazioni tra le diverse funzioni.
In questa condizione lo
schema di tipo gerarchico - funzionale si è rivelato del tutto inadeguato dal
momento che in esso non sono esplicitati tre fattori fondamentali:
1)
il cliente
2)
le interazioni
trasversali tra le funzioni
3)
un meccanismo di
feedback da parte del mercato
Questi elementi sono alla
base di un modello di gestione per processi, che vede nella gestione delle
interdipendenze il modo più efficace per rispondere alle richieste sempre
crescenti del mercato in ottica di miglioramento continuo.
L’impresa come sistema
La gestione per processi,
dunque, parte da una visione dell’azienda come sistema, ovvero come un insieme
di processi che lavorano insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune e
condiviso.
La definizione della rete
di interdipendenze tra i processi costitutivi del sistema, è il primo passo
verso la loro gestione, che prevede la comprensione del loro comportamento
attraverso lo studio della variabilità da cui sono affetti. Mi spiego, un
processo genera nel tempo un risultato che oscilla attorno ad un valore medio.
L’analisi della variabilità con cui i dati vengono generati, ovvero della loro
dispersione attorno al valore medio fornisce informazioni sul comportamento
futuro del processo.
Lo strumento che permette di monitorare e continuamente migliorare lo
stato di un processo è la carta di controllo di Shewart. Questa, infatti,
permette di visualizzare oltre al comportamento dei processi nel tempo anche il
tipo di variabilità da cui essi sono affetti.
Se la variabilità esiste per tutti i processi, infatti, per alcuni è
controllata e per altri è incontrollata.
Soltanto i processi affetti da variabilità controllata, detti anche
stabili, mostrano predicibilità, e di conseguenza sono gestibili. Processi instabili non danno alcuna
garanzia sul loro comportamento futuro, rendendo così vano qualsiasi sforzo
verso il miglioramento degli stessi.
La stabilizzazione dei processi
La stabilizzazione dei processi è il prerequisito per la loro gestione.
Oltre alla carta di controllo, altri strumenti a supporto di questa fase
di stabilizzazione sono gli strumenti logici forniti dalla TOC ( Theory of
Constraints), sviluppata dal fisico israeliano Eli Goldratt negli ultimi 20
anni. In particolare la “Nuvola di Disallineamento” e “l’Albero della
Transizione”, aiutano a definire le basi su cui costruire un processo di
miglioramento continuo delle prestazioni. L’utilizzo di questi due strumenti
consente di definire i ruoli delle persone all’interno dell’organizzazione
eliminando ogni disallineamento tra autorità e responsabilità e fornendo un
meccanismo di trasmissione di istruzioni chiare. La “Nuvola di
Disallineamento”, infatti, aiuta a focalizzare sul problema, molto sentito
nelle organizzazioni, per cui spesso le persone si trovano ad avere la
responsabilità e la competenza per svolgere un’attività, ma sono bloccate nel
loro lavoro da altre che ne hanno l’autorità formale.
“ L’Albero della Transizione” fornisce un meccanismo fondato sulla
logica causa effetto per definire procedure di lavoro e trasferire istruzioni
chiare a tutti i livelli.
Queste due azioni:
riallineare autorità e responsabilità e ridisegnare le procedure, trovano
generalmente molte resistenze. La motivazione risiede nel fatto che ad ogni
procedura definita sarà associato un sistema di misura per la valutazione del
lavoro delle persone. E’ logico, quindi, che le persone si comportino in modo
da massimizzare il risultato delle prestazioni secondo il sistema di misura
adottato.
Qualsiasi cambiamento del modo di concepire e definire i ruoli, le
procedure e le istruzioni di lavoro dovrà essere seguito da un sistema di
misura della prestazioni coerente.
Se il lavoro delle persone dev’essere in linea con l’obiettivo, e se il
sistema di misura delle prestazioni spinge le persone a comportarsi in modo
coerente con esso, ci si chiede quale debba essere l’obiettivo del sistema e
quali unità di misura debbano essere adottate per quantificare l’impatto che
ogni singola azione ha su di esso.
Il controllo del sistema
Tornando al problema iniziale, chi gestisce un’organizzazione ha la necessità di esercitare controllo su di essa. Che cosa si intende per controllo?
Probabilmente la possibilità di monitorare ed
intervenire sulle prestazioni del settore di organizzazione di cui si è
responsabili.
Tuttavia non accade mai che un intervento riguardi
una sola area funzionale. Certamente non possiamo affermare che la produzione
sia la sola responsabile di ciò che accade esclusivamente in produzione, la
produzione è un elemento della catena e la sua prestazione è fortemente
influenzata da tutte le altre aree funzionali. Aree funzionali che hanno
ragione di esistere poiché in esse sono contenute le necessarie competenze.
Il limite di una struttura gerarchico funzionale,
infatti non è la presenza di aree funzionali, bensì il modo in cui esse vengono
controllate, con l’idea che sia la somma degli ottimi locali a fare l’ottimo
globale.
Di fatto, la forte interdipendenza tra le funzioni
richiesta dalla complessità intrinseca del lavoro di oggi rende illusoria
l’idea di poter controllare l’operato di ogni singola funzione.
Guardando il sistema globale su che cosa dobbiamo
concentrare l’attenzione per esercitare controllo?
Secondo la TOC, ogni
organizzazione ha un vincolo, ovvero un elemento che ne limita le prestazioni
verso l’obiettivo prefissato. I risultati ottenuti da un organizzazione i cui
processi mostrano una ragionevole prevedibilità dipendono dal suo vincolo; è su
questo, quindi, che ci si deve concentrare per massimizzare le prestazioni.
Il controllo del vincolo permette di controllare la
prestazione dell’intero sistema e, contemporaneamente, di visualizzare le
interdipendenze tra i processi soddisfando così entrambe le necessità sottese
ad una buona gestione.
La gestione del sistema
Gestire il sistema, quindi, significa gestire il vincolo. Goldratt
propone cinque passi, I cinque passi di
focalizzazione, per gestire il vincolo di un organizzazione in ottica di
miglioramento continuo delle prestazioni:
1.
Identificare il vincolo
2.
Sfruttare il vincolo
3.
subordinare il sistema al vincolo
4.
elevare il vincolo
5.
se il vincolo è stato eliminato
tornare al passo 1, evitando che l’inerzia diventi il vincolo
Il vincolo può essere di tipo fisico, tipicamente in produzione una
macchina o un gruppo di macchine; identificarlo è relativamente semplice,
probabilmente è quella fase di produzione davanti alla quale si accumulano i
semilavorati.
Nella gestione di un progetto, il vincolo è individuato dalla catena
critica, ovvero dalla catena più lunga di attività dipendenti che tiene conto
della contesa di risorse, ed è generalmente rappresentato dalla scarsa
disponibilità di una o più risorse.
Più in generale possiamo identificare il vincolo analizzando la
variabilità associata ai processi ed al loro modo di interagire.
Se le prestazioni globali del sistema dipendono dalle prestazioni del
vincolo, allora è necessario proteggerlo per assicurarsi che esso non smetta
mai di produrre.
Il meccanismo di protezione del vincolo è il buffer, ovvero un ideale
contenitore la cui unità di misura è il tempo. (in produzione il buffer ad
esempio è una quantità di tempo in anticipo sul rilascio del materiale che
assicuri sempre lavoro al vincolo; nella gestione dei progetti il buffer è la
quantità di tempo che si accumula alla fine del progetto prima della data di
consegna prefissata)
Il controllo sulle prestazioni del sistema viene esercitato mediante un
continuo monitoraggio della quantità di buffer consumato. Immaginando il buffer
come un contenitore ideale, le azioni sul sistema saranno dettate dal suo
livello di svuotamento.
In quest’ottica quello che è stato introdotto come un meccanismo di
controllo delle prestazioni diventa un efficace e rigoroso strumento strategico
per chi gestisce l’organizzazione.
L’implementazione di un modello sistemico
La gestione per processi in ottica di miglioramento continuo, come
richiesto dallo standard, presuppone la creazione delle condizioni per il
miglioramento continuo del fattore limitante l’organizzazione.
Quali sono le difficoltà legate all’implementazione di un modello di
gestione per processi?
La risposta ci riporta al conflitto di fondo di tutte le organizzazioni:
adottare uno schema di gestione gerarchico funzionale vs. adottare uno schema
non gerarchico – funzionale.
All’interno di una struttura organizzativa di tipo gerarchico le persone
sono portate a sviluppare una visione molto ristretta del modo in cui lavora
l’organizzazione di cui fanno parte. Se oltre a questo si aggiunge un sistema
di misura delle prestazioni che premia gli ottimi locali, diventa impossibile
che le risorse indirizzino i propri sforzi verso un’ottimizzazione globale.
Per costruire un approccio
di gestione realmente sistemico è necessario rivalutare la struttura di governo
di un’organizzazione.
Conclusione
Lo standard rappresenta una linea guida per i responsabili della
qualità, ma non fornisce un modello e gli strumenti necessari per la
soddisfazione dei requisiti richiesti.
In conclusione un modello
di gestione sistemica rappresenta la direzione della soluzione ai problemi di
chi deve certificarsi e di chi deve adattare il proprio sistema di qualità alla
nuova release dello standard.
Identificata la direzione
della soluzione, si definiranno le azioni da intraprendere per soddisfare i
requisiti del sistema di qualità richiesti da Vision 2000. Il Decalogo,
metodica di gestione sistemica realizzata negli ultimi due anni, fornisce il
metodo e gli strumenti per l’implementazione dei requisiti richiesti unendo
alla realizzazione di un sistema di qualità coerente ed efficace (
strutturazione dei processi, analisi e misure dei processi, definizione dei
ruoli in azienda, costruzione della documentazione, …), gli aspetti produttivi
da considerare per garantire la crescita in ottica di miglioramento continuo
delle prestazioni.
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