domenica 26 ottobre 2014

Applicare la TOC - teoria dei constraints - in un ambito di produzione - episodio 1

Pezzullo un po' vintage, perchè scritto quasi vent'anni fa, ma che è ancora attuale.



In questo documento vengono trattati due elementi fondamentali e costitutivi di ogni pratica gestionale di successo in ambito produttivo. La necessità di determinare quali siano i fattori di successo nella conduzione di un impianto o di una fabbrica ha fatto sì che ogni anno venisse prodotta una mole considerevole di studi sulle migliori pratiche di management. 

In questo documento per prima cosa verrà mostrato quale approccio alla produzione è stato sviluppato dalla TOC (teoria dei constraint) e quali risultati ha prodotto. 

In secondo luogo si discuterà delle barriere che si oppongono al cambiamento in ambito produttivo e di come la TOC può essere utilizzata per superarle.


L'approccio TOC alla produzione va sotto il nome di Drum-Buffer-Rope (da qui in avanti si userà l'acronimo DBR), che è stato ampiamente descritto nei libri del dr. Goldratt L'obiettivo (The Goal nell'edizione originale), The Race e The Haystack Syndrome; a questi libri si rimanda per un ulteriore approfondimento dell'argomento.

Con l'aiuto di uno schema semplificato di impianto produttivo vedremo rapidamente nel seguito in che cosa consiste il DBR.



L'impianto "pilota" è molto semplice: ci sono 5 stazioni di lavoro (risorse) che in sequenza processano la materia prima che viene rilasciata all'inizio della catena, e la passano alla stazione seguente fino ad avere il prodotto finito. Nella realtà la catena non finisce qui ma continua fino al cliente finale, per il momento limitiamoci ad un ambito strettamente di produzione e quindi ipotizziamo che la catena termini con la produzione del prodotto finito.




Le consuete pratiche di gestione della produzione prevedono di rilasciare la materia prima, magari a lotti, di processarla tutta nella prima stazione e al termine del lotto di produzione di passarla alla stazione successiva, e così via fino ad ottenere il prodotto finito. Il tasso con il quale viene rilasciata la materia prima viene spesse volte influenzato da un certo numero di fattori quali la necessità di tenere occupate le stazioni di lavoro (cioè gli impianti), la domanda complessiva di prodotto finito, la dimensione degli ordini e altri fattori ancora. Ci sono però due elementi dai quali non si può prescindere quando si stabilisce il tasso di rilascio (ovvero la politica di rilascio) di materia prima: quello che chiede il mercato (la cosiddetta domanda) e le misure che sono correntemente utilizzate nell'impianto. Uno degli assunti di base delle pratiche di gestione della produzione è che la capacità produttiva di ogni stazione di lavoro è la stessa. Sappiamo però che anche in assenza di fluttuazioni statistiche potrebbe essere difficile ottenere un bilanciamento perfetto tra le diverse stazioni di lavoro. Inoltre nella realtà gli sbilanciamenti di capacità esistono e spesse volte sono anche molto pronunciati. Questi sbilanciamenti combinati con le fluttuazioni statistiche che si hanno in ogni processo fanno sì che nell'impianto si formino code di semilavorati, in genere di fronte alle macchine più lente. Uno degli assunti di base delle pratiche correnti è sostanzialmente infondato. La TOC fonda la sua capacità di individuare soluzioni breakthrough 8cioè soluzioni che facciano conseguire all’organizzazione che le adotta un drastico miglioramento delle sue performance) proprio nel sollevare sistematicamente gli assunti che stanno alla base dei comportamenti e nel chiedersi costantemente se hanno senso.



Inseriamo nello schema del nostro impianto pilota la capacità di ogni stazione di lavoro misurata in unità prodotte per giornata lavorativa (pezzi/giorno). 





E' ovvio che nelle realtà produttive le differenze di capacità non saranno così marcate, ma questa considerazione non va a inficiare la sostanza dei ragionamenti che ci apprestiamo a fare.



Nel nostro caso la macchina numero 4 è il constraint, infatti è ovvio vedere che è la macchina più lenta della catena e quindi quella che determina il tasso di produzione di prodotto finito e quindi, prescindendo da tutte le considerazioni sul mercato (ricordiamo che stiamo assumendo che il mercato assorba ogni prodotto che riusciamo a spedire), determina il risultato complessivo dell'impianto.



Ne consegue logicamente che quello che transita dal constraint dovrebbe essere allineato con la domanda del mercato e la schedulazione delle operazioni dovrebbe essere sincronizzata con le date di consegna richieste dai clienti. Questo fatto determina la schedulazione della macchina constraint, che in gergo TOC viene chiamato DRUM.



Il ROPE è la connessione tra il rilascio della materia prima e la schedulazione del drum.In poche parole il rilascio di nuova materia prima (alla prima stazione di lavoro) deve avvenire non appena il materiale è transitato per il constraint. In questo modo nell'impianto circola solo la quantità di materiale necessaria ad alimentare il constraint. Tutte le macchine non constraint devono solo processare il più velocemente possibile il materiale che si trovano "davanti", e in questo modo siamo sicuri di aver soddisfatto i requisiti complessivi della produzione: tempi di consegna, quantità domandata.



Il terzo ingrediente della ricetta DBR è il cosiddetto BUFFER. Il buffer in primo luogo è una quantità di tempo e non di materiale, come normalmente si è portati a ritenere. In sostanza il BUFFER è la quantità di tempo che intercorre tra il rilascio della materia prima alla stazione 1 e la data di consegna interna a valle della macchina constraint, determinata dalla schedulazione del DRUM. Nel nostro schema di impianto è la lunghezza della linea produttiva (in tempo) dalla macchina 4 al rilascio della materia prima.

Va poi considerato che essere capaci di garantire che il materiale raggiunga il constraint nel tempo stabilito non è sufficiente, se non si vende il prodotto finito non si otterranno utili, è necessario allora assicurarsi, al fine di ottenere un profitto, che il prodotto finito arrivi al cliente per tempo. C'è quindi un ulteriore elemento che deve essere determinato e cioè quanto tempo ci vuole per muovere il materiale dal constraint al mercato (possiamo dire che questo tempo è il vero time to market); questo tempo deve essere adeguatamente bufferizzato, e lo si fa con il cosiddetto shipping buffer.



In molti ambiti produttivi non è possibile identificare il constraint così facilmente come abbiamo visto sopra. E’ dunque necessario usare un approccio un po’ più raffinato, ma ugualmente efficace, disponendo all’inizio solo un buffer (shipping buffer), che viene calcolato sulla base delle date di consegna pattuite degli ordini dei clienti e del lead time complessivo della linea produttiva.



Una volta stabilito il buffer, attraverso la gestione di esso è possibile identificare il constraint interno e quindi schedulare la produzione in accordo con esso.



Questa appena vista è una breve descrizione del meccanismo fondamentale del DBR. Rimane un ultimo aspetto da affrontare, come far sì che i miglioramenti conseguiti con l’implementazione del DBR non rimangano statici, ma si inneschi un processo di miglioramento continuo. La risposta della TOC a questa istanza consiste nei 5 passi del processo di focalizzazione, aspetto che è alla base di ogni implementazione di drum buffer rope, insieme all’uso sistematico dei TP-tools (cioè agli strumenti di pensiero sistemico. Questi elementi forniscono il necessario grado di rigore scientifico all’analisi dei problemi e permettono di identificare i constraint non fisici, come ad esempio politiche o comportamenti. 

I 5 passi di focalizzazione sono i seguenti:



Passo 1 – identificare il/i constraint(s) del sistema



Identificare significa che si ha già un’idea di quale sia il fattore limitante le performance del sistema, la cosiddetta risorsa scarsa e si decide da quale partire; in questo passo non è importante avere una lista di constraint basata su qualche priorità, la lista dei candidati è molto molto breve, prima o poi dovremo confrontarci con tutti.

Ci vuole l’abilità di determinare attraverso l’osservazione e l’analisi dei dati (per una specifica introduzione alle tecniche di controllo statistico di processo si rimanda al documento di riferimento) la risorsa scarsa, che è il fattore limitante dell’impianto. Solo quando questa risorsa è stata identificata è possibile sviluppare una schedulazione basata sul DRUM. In gergo se la domanda del mercato è superiore alla capacità del constraint, questo viene anche chiamato bottleneck. Per poter schedulare il drum occorre conoscere il volume di prodotto richiesto giorno per giorno, e la distinta base di ogni prodotto.



Passo 2 – decidere come sfruttare il constraint



Poiché il constraint è il fattore che limita le performance non ci rimane che decidere come dobbiamo spremere dal constraint tutto quello che può dare. Sfruttare è quello che si deve fare, nulla di più nulla di meno. E se il constraint è esterno, cioè è il mercato – abbiamo abbastanza capacità ma non abbastanza ordini? Allora sfruttare significa fare tutte le consegne in tempo, non basta il 99%, ci vuole il 100%.



In ambito produttivo prima di fare qualsiasi altra cosa occorre spremere dal constraint ogni minuto di processo. Questo ha delle ovvie implicazioni sulle politiche di manutenzione, di ispezione qualità, ecc.



Cosa succede a tutti gli altri componenti il sistema?



Passo 3 – subordinare tutto il resto alla decisione presa al passo 2



Il ruolo di una risorsa non-constraint è assicurare che il constraint lavori nel modo migliore possibile in modo da massimizzare il throughput. Ciò significa che tutti i processi, le interdipendenze del sistema devono essere disegnati per ottimizzare il lavoro del constraint.



Se è il constraint che determina la capacità produttiva complessiva dell’impianto (e anche il profitto, purché siamo nelle condizioni che il mercato assorbe tutto quello che viene prodotto) nulla deve impedire a questa capacità di venire meno. Per esempio il rilascio della materia prima deve avvenire in accordo con la capacità della risorsa scarsa (constraint). Questo implica che nell’impianto gira solo quanto serve per alimentare il constraint (e quindi si riduce il wip al livello minimo per assicurare il massimo di profittabilità dell’impianto, scendere ancora di wip metterebbe a rischio la capacità produttiva del constraint e quindi metterebbe a rischio il profitto).



A questo punto siamo sulla strada giusta, ma non basta



Passo 4 – elevare il constraint



Elevare significa aumentare la capacità del constraint. Tutto quello che si poteva fare per ottimizzare il sistema è stato fatto, per incrementare il throughput è necessario elevare il constraint (che può voler dire più macchinari, più persone, ecc.).



Per rompere il constraint occorre aggiungere altre macchine o convertire le macchine presenti. E’ molto importante evitare che il constraint si sposti per effetto dell’aumento della capacità produttiva del constraint originale. Quindi l’azione di elevamento del constraint deve essere accompagnata da un’azione di elevamento della capacità degli elementi che alimentano il constraint stesso.



Passo 5 – Se nel passo precedente il constraint è stato rotto ritornare al passo 1



Questo passo è fondamentale per non farsi prendere dall’inerzia, Goldratt dice che se tu ti dimentichi del constraint esso non si dimentica mai di te!



Quando si tenta di mettere in pratica questo approccio, ci si trova di fronte un conflitto, quasi inevitabilmente. Le misure che comunemente vengono utilizzate dal management per valutare le prestazioni di un impianto fanno a pugni con la necessità di soddisfare i requisiti dei clienti. Il management trova molto difficile subordinare le azioni al conseguimento dell’obiettivo (cioè sul constraint), cercando di prestare uguale attenzione alle mille difficoltà e problemi che si presentano ogni giorno nell’impianto; l’assunto che sostiene che questo atteggiamento è esprimibile così: per ottenere l’ottimo globale occorre raggiungere tutta una serie di ottimi locali.

 MA QUESTA E' TUTTA UN'ALTRA STORIA, AL PROSSIMO EPISODIO




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