(1) Nella TOC – Theory of Constraints throughput è la misura del valore generato da una organizzazione. Nelle aziende profit è una performance economica che si ottiene sottraendo dai ricavi attraverso le vendite i costi totalmente variabili, nelle organizzazioni no profit va definita caso per caso.
Cercando su google la parola conflitto in cima alla prima pagina escono le definizioni di questo concetto in psicologia, sociologia, informatica. In tutte queste definizioni c’è una sfumatura di negatività. Conflitto è una situazione da evitare, quando appare all’orizzonte si cerca un riparo.
Sono sicuro che anche nelle discipline umanistiche che si
occupano di conflitti, l’aspetto negativo sia più una apparenza che una
sostanza, che in fondo il potere liberatorio del conflitto sia una ovvietà.
Nelle organizzazioni temo, basandomi solo sulla mia ridotta
esperienza non posso assolutizzare, che la parola conflitto sia percepita
negativamente.
Non è difficile capire perché.
- Il conflitto è quasi sempre una situazione quotidiana nelle organizzazioni, la struttura stessa che hanno assunto (prevalentemente funzionale gerarchica) cozza sistematicamente con la necessità di fluidità interfunzionale, unica caratteristica che permette di stare sul mercato. Le strutture matriciali risolvono il problema solo in apparenza, in sostanza aumentano solo complessità e viscosità.
- Nelle organizzazioni non c’è mai tempo per… qualcosa che non sia routine o reazione all’evento o gestione dell’emergenza. Figuriamoci per elaborare un conflitto con tempi e modalità che i film di Woody Allen ci fanno immaginare lunghissimi e inadatti a organizzazioni smart (se non hai un tubo da fare tutto il giorno te lo puoi permettere, ma qui si lavora…).
- La complessità crescente (con complessità intendiamo il numero di interdipendenze che ogni persona dell’organizzazione è costretto ogni giorno a gestire) e la turbolenza dell’ambiente in cui l’organizzazione vive (il mercato in primis ma non solo quello) fanno apparire i conflitti insolubili o incomprensibili.
- Come magistralmente illustrato da Daniel Kanheman (Titolo: pensieri lenti e veloci Mondadori editore ) il nostro cervello è costruito per andare svelto e consumare poco, ma c’è anche un effetto collaterale non sempre positivo; per andare svelto e consumare poco utilizza prevalentemente “mappe” (rappresentazioni concettuali della realtà) pre-esistenti, che non sono sempre aggiornate. In poche parole è costruito per favorire decisioni, scelte, azioni erronee (il classico prendere fischi per fiaschi).
Ricercare il conflitto come chiave di volta di un processo
di miglioramento sembra contro intuitivo. E’ una delle architravi della TOC –
theory of constraints. Il conflitto, i conflitti in generale sono per la TOC
il/i fattori che limitano la capacità delle organizzazioni di fare più
risultati di quelli che stanno facendo. Il conflitto imprigiona il valore
potenziale. Solo mettendo a fuoco il conflitto si può iniziare un processo di
miglioramento, si può liberare valore. La TOC fornisce la strumentazione adatta
per questo compito, la volontà però ce la deve mettere l’organizzazione.
Non è una cosa che si vede tutti i giorni, sfidare il
paradigma corrente. Quando accade provo sempre un brivido di piacere, orgoglio,
soddisfazione.
Il solo aver disegnato la nuvola di conflitto ha permesso
una cosa quasi incredibile, aver coalizzato contro un unico nemico (il
conflitto appunto) due funzioni aziendali che facevano del “confronto serrato”
una ragione di vita. Confronto serrato che ogni volta che si manifestava
produceva una perdita per l’azienda (in ambito Lean MUDA in ambito TOC
inventory).
Ma c’è di più, disegnare la nuvola di conflitto, completa di
assunti, rende possibile scegliere tra diverse possibilità (in questo specifico
caso ce ne almeno 4 differenti tra di loro) la direzione della soluzione,
ovvero il modo più conveniente (in base al rapporto risultato ottenibile/sforzo
necessario per ottenerlo) per eliminare alla radice il conflitto e le perdite
connesse.
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