sabato 21 dicembre 2013

Definire le giuste dimensioni dell'azienda e la Theory Of Constraint di Tony Rizzo


Il desiderio di ottimizzare l’efficienza delle nostre aziende è comprensibile ed addirittura lodevole. Ma la corsa a tagliare i costi in modo indiscriminato spesso distrugge la competitività che lo sforzo che facciamo per ridurre i costi vorrebbe migliorare. La giustificazione a questa osservazione è fornita dalla Teoria dei Vincoli o dei Constraints.
La Teoria dei Constraints è una filosofia manageriale che considera l’azienda non come un insieme di processi indipendenti ma come un sistema composto da processi interdipendenti. Il creatore della Teoria dei Constraints, il Dott. E. M. Goldratt, spesso spiega la sua teoria con una analogia semplice ma efficace paragona l’azienda ad una catena. Come gli anelli di una catena concorrono a formare un sistema capace di trasmettere una grande forza, così le varie divisioni e dipartimenti di una azienda competitiva concorrono a generare grandi profitti per gli azionisti.
La Teoria dei Constraints sostiene che qualunque sistema è soggetto ad almeno un vincolo (constraint), che impedisce di raggiungere migliori prestazioni. Per un sistema qual è una azienda, il vincolo, spesso non identificato, impedisce alla stessa di ottenere profitti sempre più elevati. Per un sistema come quello della catena nella nostra analogia, il vincolo impedisce a questa di sopportare carichi sempre maggiori.

Ma esiste veramente questo vincolo? Basta dare un’occhiata ai profitti esigui delle nostre aziende, per verificare che esiste veramente qualcosa che limita i profitti. Quel qualcosa è il vincolo sulle nostre prestazioni. Che cosa sarà, nel caso della nostra catena? Per una catena, l’anello più debole è il suo vincolo.

La Teoria dei Constraints fornisce la struttura teorica e gli strumenti con i quali possiamo identificare il vincolo nella catena della azienda e migliorare la sua prestazione, migliorando così la prestazione dell’intera compagnia. Ma perché dobbiamo focalizzarci solo sul vincolo? Perché non dovremmo migliorare le prestazioni di tutte le divisioni e di tutti i reparti della nostra società? Ecco dove l’analogia con la catena ci viene in aiuto.

L’anello debole

Se abbiamo una catena composta da dieci anelli, di cui nove che possono sopportare un carico di mille libbre ciascuna mentre uno sopporta un carico non superiore a cento libbre, allora ci aspettiamo che la catena può sopportare un carico di solo cento libbre prima di rompersi. L’anello più debole determina la capacità di carico di rottura dell’intera catena. Se vogliamo raddoppiare la capacità di carico di questa catena, dobbiamo raddoppiare la forza di ogni anello, o dobbiamo focalizzare i nostri sforzi di miglioramento solo sull’anello debole? La risposta più ovvia è anche quella corretta. Rendere i nove anelli più forti non migliora le prestazioni della catena. È solo l’anello debole che limita la prestazione.

Allo stesso modo, migliorando in modo simultaneo tutte le divisioni ed i reparti di una società, si contribuirà in piccola misura a migliorare le prestazioni dell’azienda. Il vincolo, la valvola di regolazione, continua a limitare le prestazioni. Per esempio, se il reparto che processa gli ordini dei clienti è il vincolo per i profitti della azienda, allora migliorare il reparto spedizioni è un esercizio infruttuoso ed inutile. I nostri sforzi e le risorse limitate si rivelano efficaci solo quando sono indirizzati ad identificare il vincolo e a migliorarne le prestazioni.

Catene efficienti

Ora facciamo un altro passo in avanti con l’analogia della catena. Diciamo che quest’anno, invece di volere migliorare le prestazioni, vogliamo solo mantenere il livello attuale di prestazioni, rendendole più efficienti. Diciamo che ci soddisfa, al momento, avere una catena che sopporti il peso di cento libbre. Ma non ci soddisfino i costi di mantenimento dei nove anelli forti della nostra catena. Vogliamo trasformare la nostra catena da un oggetto pesante ed ingombrante in un efficiente insieme di anelli sintonizzati con precisione per ottenere il livello di prestazioni desiderato, al minimo costo. Ogni anello è capace di sopportare lo stesso carico, senza capacità eccessive e costose.

Che cosa abbiamo ottenuto di fatto? Ci siamo virtualmente bloccati sul livello attuale di prestazioni. Prima di intraprendere il programma di riduzione dei costi, avevamo solo un anello debole che limitava le prestazioni della catena a cento libbre. Ora che abbiamo una catena così tanto efficiente ed in sintonia, abbiamo dieci anelli deboli. Abbiamo dieci vincoli. Quando, in futuro, troveremo necessario migliorare le prestazioni della catena, non avremo altra scelta che migliorare tutti e dieci gli anelli. Non avremo altra scelta se non quella di cancellare tutti i precedenti sforzi fatti per ridurre i costi. Quanto ci costerà di più che se avessimo mantenuto i precedenti livelli di capacità?

La stessa cosa vale per le aziende, naturalmente. Le politiche di riduzione di costi a livello societario che eliminano le capacità in eccesso in ogni reparto diventano un vincolo fisico. Ad esempio, se il reparto che processa gli ordini dei clienti è l’anello debole della nostra catena aziendale, e se tagliamo le capacità degli altri reparti in modo da avere la stessa capacità del reparto ordini, allora ogni reparto diventa un immediato impedimento alla crescita. Ora, anche se miglioriamo il reparto di gestione ordini, tutti le altre divisioni ci impediranno di aumentare il livello di affari della nostra società. È chiaro che, se la crescita è nel nostro interesse ed in quello degli azionisti, un insieme di reparti efficienti e perfettamente equilibrati, è nella realtà svantaggioso.

Riduzione dei costi

Ora che abbiamo visto alcune delle implicazioni della Teoria dei Constraints, consideriamo che cosa accade normalmente quando intraprendiamo un programma basato sulla riduzione dei costi per mantenere la profittabilità. Senza la conoscenza della Teoria dei Constraints, quanto è facile riuscire a tagliare solo nelle aree che non vincolano la capacità di affari dell’azienda? Non è facile per nulla! Il nostro tipico approccio è tagliare, diciamo un quindici percento, su tutto il gruppo. Tutti i reparti, tutte le divisioni, tutte le funzioni in azienda saranno tagliate del quindici percento, persino il vincolo. Certo! Persino il vincolo viene tagliato e subisce una DIMINUIZIONE NELLA CAPACITÀ.

Qual è l’inevitabile conseguenza della diminuzione nella capacità di una risorsa critica vincolante, come il reparto ordini clienti citato nell’esempio precedente? Sicuramente non è una crescita nel volume di affari. Pensate che cosa potrebbe accadere alla catena descritta nella nostra analogia, se riducessimo la capacità dell’anello più debole del quindici percento solo perché lo stiamo facendo con tutti gli altri anelli. Se una specifica risorsa è già il vincolo critico per lo sviluppo degli affari della nostra società, allora diminuire la capacità di quella risorsa può solo dare come risultato una diminuzione delle capacità di business.

Prendiamo il caso della Digital Equipment Corporation. Quando il management della società impugnò l’ascia del taglio dei costi nel 1993, nessuna parte della compagnia fu risparmiata. Secondo Craig Stedman ("La riorganizzazione della DEC elude gli utenti", Computerworld 26/07/93), "Alcuni utenti [i clienti] dicono che l’organizzazione vendite della DEC, riconosciuta apertamente da Palmer [l’amministratore delegato] come il punto più debole, è di fatto peggiorata durante il processo di ristrutturazione a causa delle riduzioni di personale che hanno forzato la rimanente forza vendita ad accettare più rivenditori."

Nello stesso articolo, Frank Brake, direttore delle operazioni internazionali per lo sviluppo di business a carattere tecnologico al Newport News Shipbuilding and Dry-dock Co. di Newport News affermò quanto segue: "I venditori sono distribuiti con minore densità di quanto lo erano prima", e continuando "...abbiamo notato una diminuzione significativa nell’attenzione al cliente."

Ancora, sempre in quel articolo, Larry Stiefvater, capo ricercatore al Centro di Ricerca Tecnologica della Kraft General Foods di Glenview, dichiarò "Penso che insieme all’acqua del bagno abbiano buttato via anche qualche bambino."

È chiaro che, se i programmi di taglio dei costi diminuiscono le capacità delle risorse critiche e vincolanti, allora non servono a migliorare la competitività della nostra compagnia bensì la devastano.

Che fare?


Quindi, cosa dobbiamo fare quando l’azienda ha delle capacità in eccesso? Quando scopriamo che c’è capacità in eccesso, affrontiamo sempre lo stesso problema. Dobbiamo migliorare il sistema. È più facile farlo utilizzando un approccio logico. La Teoria dei Constraints descrive un processo basato su cinque passi per la diagnosi del problema e per una soluzione efficace.

Il primo passo deve essere identificare il collo di bottiglia ovvero il constraint. In una fabbrica di solito si identifica con facilità. È il processo o il macchinario che a fianco ha una montagna di semilavorati in attesa di essere processati. Se l’azienda avesse delle capacità in eccesso, e potesse produrre in continuo a pieno regime, dove andrebbero a finire tutti i prodotti finiti? Parte sarebbe venduta e consegnata ai clienti, ovviamente, ma la rimanente si accumulerebbe nei magazzini, come scorta per l’ultimo processo del sistema che genera profitto. Qual è quest’ultimo processo? È il mercato, i clienti. I clienti fanno parte integrante del nostro sistema che genera per ottenere profitti. Sono, di fatto, la parte più importante, perché rappresentano l’unico processo che converte i prodotti finiti in profitti. Allora, se le nostre aziende hanno capacità in eccesso, il vincolo è il mercato.

Il passo successivo nei cinque passi di focalizzazione per il miglioramento continuo, è quello di sfruttare il constraint, il vincolo che abbiamo identificato. Sfruttare è la parola corretta per l’azione che intendiamo compiere in questa fase. Dobbiamo spremere fino all’ultima goccia la capacità del constraint. Nel caso che il constraint fosse il mercato, lo sfrutteremo assicurandoci che neppure una sola vendita sia persa unicamente per colpa di ciò che facciamo oche non facciamo.

Questo è il caso dove la qualità del prodotto e del servizio giocano un ruolo critico. Se stiamo già verificando che il numero limitato delle vendite è dato dalle condizioni del mercato, allora è meglio che ci assicuriamo che ogni vendita soddisfi il nostro cliente. Perché? Per evitare di danneggiare la nostra fetta di mercato creando dei clienti insoddisfatti. Perderemmo non solo il business creato con quei clienti che scontentiamo ma anche gli affari possibili con tutti i clienti potenziali le cui decisioni di acquisto sono influenzate dalle descrizioni dei nostri difetti.

Il terzo passo è quello di subordinare tutto il sistema al constraint. In altre parole, dobbiamo ottenere un sostegno attivo e la collaborazione di ciascuna parte del sistema per sfruttare veramente il constraint.

Il quarto passo è quello di aumentare la capacità della risorsa critica. Quando il constraint è il mercato abbiamo molte possibilità. L’approccio più ovvio è quello di fare una pubblicità più efficace, o anche, più semplicemente, fare più pubblicità. Ma dobbiamo anche trovare nuovi mercati per i nostri prodotti. In che modo? Possiamo trovare nuovi mercati cercando gruppi di persone che hanno problemi che possono essere eliminati utilizzando i nostri prodotti. Questo è, in fondo, il cuore di un marketing efficace.

Infine, il quinto passo. Essendo un processo improntato sul miglioramento continuo, il quinto passo sarà quello di tornare al primo passo e ricominciare da capo. Questo è un passo cruciale, perché senza di questo rischiamo di permettere alla nostra pigrizia mentale di interrompere il processo di miglioramento.

I nostri ripetuti tentativi di ottimizzare l’efficienza delle aziende adottando programmi draconiani di taglio dei costi ci porta solo a falsi o effimeri guadagni. Queste misure di taglio dei costi spesso distruggono l’effettiva competitività che vorremmo cercare di migliorare. C’è una alternativa molto migliore. Sono i cinque passi di focalizzazione per il miglioramento continuo forniti dalla Teoria dei Constraints. Con questi, possiamo ottimizzare sia i profitti sia l’efficienza, adesso e nel futuro.

Il Milan (quello di Ibra) e i 5 passi di focalizzazione della TOC


Chissà se Allegri ha mai letto un libro di Goldratt? Che cosa sono i 5 passi di focalizzazione (5 focusing step) della TOC – Theory of Constraints? E’ la “procedura” base per ottenere il massimo da un sistema (squadra).

Quali sono?

1 – identificare il constraint (leva strategica), l’elemento da cui far dipendere il risultato del sistema. Sembrerebbe che al Milan la scelta sia stata fatta: Ibra è il loro constraint. Il giocatore su cui far leva.

2 – sfruttare il constraint (farlo lavorare al meglio e sul mix migliore) – tradotto in “calcese”, far fare a Ibra quello che sa far meglio, il più a lungo possibile e nelle partite che contano di più. Anche qui sembra che ci siamo

3 – subordinare al constraint, ovvero gli altri giocatori “si sacrificano”, giocano in modo da far giocare al meglio Ibra anche se questo vuol dire non dare il meglio di se stessi. Ronaldinho in panchina è subordinazione al constraint allo stato puro.

4 – elevare il constraint – se tutto quello fatto ai passi precedenti non basta, non è sufficiente per conseguire il risultato che ci si è prefissi, occorre aumentare la capacità del sistema/constraint facendo attenzione a

5  non far diventare l’inerzia un constraint, tradotto se avendo puntato su Ibra-constraint non basta, si può anche cambiare “modulo”…

alla prossima!

domenica 15 dicembre 2013

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Ovvero COME tradurre in concreto il concetto di KAIZEN utilizzando la TOC - theory of constraints


KAIZEN è una espressione giapponese che significa MIGLIORAMENTO CONTINUO. Dal 1950 il mondo industriale giapponese ha “prodotto”, partendo dagli insegnamenti di scienziati del management, quali il dr. Deming, una serie impressionante di tecniche e metodi per il miglioramento continuo. Kaizen è uno di questi, ma anche TQM e più recentemente 6 Sigma si iscrivono in questo filone che possiamo chiamare genericamente come QUALITA’.

E’ normale che quando le condizioni lavorative e professionali diventano insoddisfacenti, le persone propongano qualche forma di miglioramento. Alcune volte questi miglioramenti non possono essere realizzati, magari perchè il capo non ne vuole sapere, o comunque per il fatto che per metterli in pratica c’è bisogno di qualche approvazione dall’alto.

Qual’è il clima ideale per il fiorire di idee di miglioramento? Dei capi che incoraggino i propri collaboratori a sviluppare idee di miglioramento e che sappiano apprezzare e riconoscere l’impegno che le persone profondono nel cercare di migliorare.

Ma, c’è sempre un ma sospeso nell’aria nelle organizzazioni, la vita non è facile. I capi hanno la pessima abitudine di fare domande e/o obiezioni “assurde” come “se non è guasto perchè lo dovremmo sostituire (riferendosi a un pezzo o a un macchinario)”, oppure “la procedura è ok per me, perchè dovremmo cambiarla”.

Ci si trova dunque in una posizione scomoda; se realizzate il cambiamento, il capo vi darà addosso, ma se non lo fate la condizione lavorativa e professionale rimarrà insoddisfacente.

I capi in genere non sono disposti a dare una chance, per molte o nessuna ragione; comunque sia ci si trova bloccati. I capi, malgrado incoraggino le persone a proporre miglioramenti, poi trovano sempre una serie di “buone ragioni” per lasciare le cose come stanno.

Tutti conosciamo bene queste “buone ragioni”:

  • Il capo è troppo preso da altre cose per analizzare le proposte di miglioramento
  • La proposta è una buona idea, ma i tempi non sono maturi
  • Non è previsto nel budget
  • La teoria è una cosa, ma la pratica è tutta un’altra cosa
  • Non c’è altro di cui occuparsi, secondo te?
  • Penso che non sia coerente con le politiche del corporate (della proprietà, della capo gruppo)
  • È fuori dal nostro business (dal nostro ambito), ci penserà qualcun altro
  • Sei così insodisfatto del tuo lavoro?
  • Si sa già come finirà, anche se non lo facciamo veramente
  • Puoi pensare qualcosa di meglio di questo?
Molte volte la risposta dei capi è una combinazione di una o più di queste buone ragioni; prima di dare addosso ai capi pensiamo a che cosa fate voi quando un vostro collaboratore viene a proporvi un qualche miglioramento!

In una organizzazione inefficiente tutti tendono ad avere la loro lista privata di “buone ragioni” per non cambiare.

La lista si allunga all’infinito, questo accade ogni giorno nelle organizzazioni. I capi cioè scoraggiano i collaboratori e questi ultimi diventano ben presto scettici sulle reali possibilità di miglioramento e smettono di essere propositivi. L’organizzazione a sua volta si siede sulla abitudini correnti.

Qualche volta i capi, consapevoli di questo immobilismo, per realizzare un salto di qualità comprano una nuova macchina, cambiano il layout produttivo, qualcuno addirittura ingaggia un branco di consulenti per dare una spinta decisa. Cambiano ogni cosa tranne il loro atteggiamento. Questo è il punto. Il cambiamento e il miglioramento devono iniziare dall’alto, dai capi; la prima cosa da cambiare è il loro atteggiamento nei confronti dei loro collaboratori. In tutti gli approcci figli della QUALITA’ (Kaizen, TQM, eccetera) la priorità numero 1 è l’impegno e la determinazione dei capi nel miglioramento.

Questa è una fotografia, magari non brillante ma di sicuro precisa della realtà di molte aziende. Tutti gli approcci al miglioramento continuo partono dalla constatazione che questa è la realtà che si vuole cambiare.

Le linee guida del miglioramento

Quali sono le linee guida, quali i punti principali dell’agenda del “miglioramento continuo”, i precetti da seguire. Prendendo a riferimento il Kaizen troviamo:

  • Abbandonare le idee tradizionali (preconcette)
  • Pensare a come fare piuttosto ai motivi per cui una cosa non può essere fatta
  • Non accampare scuse, cominciare a mettere in discussione le prassi correnti
  • Non cercare la perfezione prima di intraprendere qualcosa di nuovo
  • Fare e Correggere gli errori man mano che si fanno
  • Usare il buon senso per il miglioramento continuo
  • Chiedersi 5 volte perchè e cercare le cause di fondo
  • Cercare il buon senso di 10 persone invece che la conoscenza profonda di una sola
  • Le idee di miglioramento continuo sono infinite (non smettere mai)
Nessuno mette in discussione che questi punti debbano stare nell’agenda di tutti coloro che cercano il miglioramento. Ma tra il dire e il fare di solito c’è di mezzo il mare. E il mare in questione si chiama COME.

E’ probabile che leggendo fino a qui vi siate detti “certo, è tutto vero, tutto giusto, ma poi come.. come si fa a convincere, come si decide quale è meglio, come, come...”

Per colmare questo vuoto ci serve un mare di conoscenza, non basta il buon senso. Non è vero che il buon senso è sempre sufficiente.

L'essenza della TOC si basa sull’idea che è tempo perso trasferire metodi e tecniche di miglioramento continuo senza farli precedere da una riflessione profonda sui reali motivi della nostra "inerzia".

Ci accorgiamo tutti i giorni che per tradurre in realtà i suggerimenti di buon senso e applicare le tecniche previste, ci servono strumenti più potenti in grado di farci capire più a fondo e più precisamente:

  • quali sono le idee tradizionali da abbandonare. Infatti non tutte le idee tradizionali sono da abbandonare, solo quelle che generano immobilismo nell’organizzazione.
  • Quali sono le prassi correnti da mettere in discussione
  • Quali sono le cause di fondo che generano condizioni lavorative e professionali insoddisfacenti
  • Quali sono le azioni che rimuovono queste cause di fondo
  • Come mettere d’accordo il buon senso di tante persone, diverse tra loro, ognuna con il suo personale buon senso
  • Come realizzare i cambiamenti (cioè passare da una fase di enunciazione di problemi e soluzioni a una fase di attuazione pratica) senza compromettere il normale andamenrto dell’organizzazione.
  • Come pianificare e controllare tutto questo lavoro
 Strumenti per farci vedere COME  realizzare il cambiamento.
Gli strumenti per soddisfare questi requisiti esistono, si chiamano Thinking Processes Tools della TOC.
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domenica 8 dicembre 2013

UN SISTEMA DI CONOSCENZA PROFONDA - PARTE 4 - Nozioni di teoria della variabilità

Deming tenta di elaborare in poche pagine un riassunto del pensiero centrale dal quale è stata sviluppata tutta la sua filosofia di Management durante gli ultimi 60 e più anni, chiama questa rielaborazione un Sistema della Conoscenza Profonda. Il Sistema di Conoscenza Profonda è articolato in quattro parti, tra loro correlate: 
A.   Valutazione di un sistema

B.   Nozioni di teoria della variabilità (teoria statistica)

C.   Teoria della conoscenza

D.  Nozioni di psicologia
Abbiamo già pubblicato la prima la seconda e la terza parte.
 
ALCUNE NOZIONI DI TEORIA DELLA VARIABILITA’ (TEORIA STATISTICA)



1.  Una certa comprensione della variabilità, inclusa la valutazione di un sistema stabile, ed una certa comprensione delle cause speciali e delle cause comuni di variabilità, sono essenziali per il management di un sistema, compresa la leadership.

2.  La variabilità ci sarà sempre, tra persone, tra risultati, tra servizi, tra prodotti. Quale è la variabilità che prova a parlarci di un processo e delle persone che vi lavorano?

3.  Comprensione della capacità di un processo. Quando i dati indicano che un processo è stabile? La distribuzione dell’output di un sistema stabile è prevedibile con un buon livello di fiducia. Un processo che è stabile, nello stato di controllo statistico, ha una capacità determinabile.

4. La direzione delle persone (manager, leader, supervisori, insegnanti) è completamente diversa nei due stati: stabile e instabile. Confondere i due stati conduce al disastro.

5. Conoscenza delle diverse fonti di incertezza nel sistema di management. Il sistema di misurazione è stabile, in controllo statistico?

6.  Esistono due tipi di errori nel tentativo di migliorare un processo, entrambi costosi:

Errore 1: Trattare come una causa speciale qualsiasi risultato, qualsiasi difetto, reclamo, errore, rottura, incidente, mancanza quando in realtà proviene da cause comuni (interferimento col sistema).

Errore 2: Attribuire a cause comuni qualsiasi risultato, qualsiasi difetto, reclamo, errore, rottura, incidente, mancanza quando in realtà proviene da una causa speciale.

7.  Conoscenza di procedure mirate alla minima perdita economica derivante da questi due errori (carte di controllo di Shewhart).

8.   Conoscenza dell’interazione delle forze. L’interazione può rafforzare gli sforzi, o può annullarli. Effetto del sistema sulle performance delle persone. Conoscenza di dipendenza e interdipendenza tra persone, gruppi, divisioni, aziende, paesi.

9.  Comprensione della distinzione tra casi enumerativi e problemi analitici. Uno studio enumerativo produce un’informazione su una popolazione. La teoria dei campioni e la costruzione di esperimenti servono per studi enumerativi. Il nostro censo è uno studio enumerativo. Un altro esempio è un carico di ferro. Compratori e venditori hanno bisogno di sapere quanto metallo c’è a bordo. L’interpretazione dei risultati di un test o di un esperimento è qualcosa di diverso. E’ una previsione che un cambiamento specifico in un processo o una procedura costituirà una scelta oculata, o che nessun cambiamento sarà migliore. In ogni caso, la scelta è previsione. Questo è conosciuto come problema analitico.

10.Conoscenza della funzione di perdita in relazione all’ottimizzazione delle performance di un sistema. Quale caratteristica qualitativa ha la funzione di perdita più ripida, ed è quindi la più critica sulla quale il management deve lavorare?

11. Conoscenza delle perdite che provengono da una sfortunata applicazione successiva di forze casuali o modifiche casuali che possono individualmente essere trascurabili (esemplificato nell’Esperimento con l’Imbuto).

Esempi:

·      Un lavoratore che addestra un lavoratore in successione;

·    Dirigenti che lavorano con i migliori sforzi sulla politica, ma senza la guida della Conoscenza Profonda; e

·     Comitati nell’industria, istruzione, e governo, che lavorano senza la guida della Conoscenza Profonda.

12. L’allargamento di un comitato non necessariamente migliora i risultati degli sforzi del comitato. Un allargamento del comitato non è un modo per acquisire la Conoscenza Profonda.

I corollari di questo teorema sono spaventosi.

13. Come buona regola, la Conoscenza Profonda deve provenire dall’esterno, e su invito. La Conoscenza Profonda non può essere imposta su nessuno.