Le
teorie e le filosofie gestionali che vertono sul tema dell’organizzazione della
produzione utilizzano dei formalismi e dei modelli semplici per astrarsi dal
caso particolare e descrivere i processi in termini di flussi con input e
output definiti. Certe rappresentazioni con caselle che simboleggiano le
diverse fasi/centri di lavoro collegate tra loro sono diventate familiari a
tutti quelli che si sono interessati a questo tipo di tematiche, anche se c’è
una difficoltà strutturale, probabilmente riconducibile alla diversità dei
linguaggi, a utilizzare tali formalismi per modellizzare la realtà che
sperimentiamo quotidianamente in azienda.
Non
dissimilmente, il rivoluzionario concetto di vincolo si è sviluppato a partire da un’intuizione fisica di Eli
Goldratt, lo scienziato israeliano padre della TOC (Theory of Constraints –
Teoria dei vincoli ), e in modo particolare, dagli studi di fluidodinamica, argomento della sua
tesi di dottorato.
A
fronte di un approccio così scientifico e degli algoritmi che ha generato,
Goldratt stesso ha lavorato molto
per comunicare le sue teorie in una forma semplice, accattivante e al tempo
stesso rigorosa dal punto di vista
concettuale. “L’obiettivo”, il
libro che ha venduto oltre tre milioni di copie nel mondo, è il suo primo e più celebre romanzo.
Nel personaggio di Alex Rogo, direttore
di stabilimento alle prese con problemi professionali e privati, si sono
immedesimati moltissimi manager americani, come testimoniano le migliaia di
lettere che Goldratt ha ricevuto.
Anche
a distanza di vent’anni, il libro è del 1982, gli interrogativi e le sfide che si presentano ad Alex e
alla squadra, ad esempio il problema del rispetto dei tempi di consegna,
dell’individuare il corretto sistema di misura, del passare da una gestione del
day-by-day con quotidiana rincorsa dei problemi ad un approccio volto ad
identificare le cause profonde dei problemi stessi, mantengono inalterata la loro attualità.
L’algoritmo
che viene descritto nel libro, Drum – Buffer – Rope (DBR), rappresenta la soluzione operativa per
la produzione e si articola in un percorso iterativo che passa attraverso
l’individuazione/scelta strategica di un vincolo fisico, generalmente una fase
della lavorazione o un macchinario, e la riorganizzazione delle altre fasi e
risorse intorno a questo.
In
breve i 5 passi di focalizzazione, che vengono ricavati per induzione ne “L’obiettivo” e trattati analiticamente in tutte le loro implicazioni in una serie
di saggi e articoli successivi, sono:
1) Identificare/scegliere il constraint del
sistema, coerentemente con quelli che sono gli obiettivi del sistema stesso
2) decidere come massimizzare le prestazioni del constraint: far
lavorare il vincolo nelle migliori condizioni e con la più alta resa possibile
3) subordinare tutto il resto alle decisioni
prese per il constraint: per definizione le altre fasi/risorse hanno capacità
in eccesso. La funzione di tale capacità è prima di tutto di protezione del
constraint stesso. La programmazione viene costruita sulla base delle esigenze
del vincolo, anche se questo significa sottottimizzare gli altri centri di
lavoro
4) elevare il constraint: una volta che il
meccanismo di subordinazione è in essere,
è corretto, laddove sia possibile, aumentare la capacità del constraint
ricalibrando di conseguenza quella
degli altri centri di lavoro se si vuole che il vincolo non si sposti
5) tornare al passo 1 e non laciare che
l’inerzia diventi il nuovo constraint del sistema: nel tempo può verificarsi
una perdita di focalizzazione dovuta sia ad un errato dimensionamento delle
capacità e delle interdipendenze tra le capacità dei centri di lavoro che porta il sistema verso un
progressivo bilanciamento, sia a
fattori più propriamente umani legati alle resistenze all’ammontare di
cambiamento che una riorganizzazione radicale del modo di lavorare porta con
sé.
L’entusiasmo
che ha accolto il libro non si è tradotto in un altrettanto estensiva
applicazione e implementazione nelle aziende di Drum – Buffer -
Rope (DBR). L’oggetto -
libro, perfettamente fuzionale come introduzione, risultava non del tutto
adeguato per il passo successivo: soprattutto chi ha quotidianamente a che fare
con realtà produttive, con processi, sente l’esigenza di visualizzare in modo
più immediato gli aspetti teorici
e in qualche modo anche pratici della gestione del sistema attraverso il
constraint. Inoltre l’interazione che esiste tra un libro e il suo lettore è
per definizione in una sola direzione, cosa che non aiuta a generare soluzioni
per le aziende e, a maggior ragione, ad avere un riscontro, una traduzione del
pensiero in azione.
Per
facilitare questa traduzione e per permettere alle persone che lavorano in
produzione di “toccare con mano” che cosa significa gestire secondo il
constraint e secondo DBR, subito dopo il libro Goldratt e la sua
squadra hanno progettato un
software didattico interattivo, un simulatore. Questo oggetto viene tuttora
utilizzato, con ottimi risultati, per la formazione preliminare
all’applicazione della TOC in azienda, anche se ormai è tecnologicamente
obsoleto.
Ispirandosi
ad esso, negli ultimi mesi il Dott. Alessandro Del Prete, matematico,
ha sviluppato e perfezionato l’algoritmo, di grande complessità a fronte della
semplice veste grafica, creando un
prodotto chiamato Prossimo.
Con
i simulatori, l’utente ha la
possibilità di gestire dei processi produttivi modello, avendo a disposizione diversi schemi di
flusso/stabilimento riconducibili a tipologie concrete di azienda.
In particolare “mandare avanti” lo
stabilimento fittizio prescelto comporta accettare la sfida di soddisfare la domanda di mercato,
avendo a disposizione delle risorse limitate, e dovendo quindi individuare dei
criteri per risolvere la contesa di risorse.
Superata la fase che potremmo definire “trial and
error”, funzionale anche ad imparare ad utilizzare l’oggetto acquisendo una
certa manualità, si passa dal puro empirismo alla costruzione di un algoritmo
di schedulazione.
Lo
strumento software è quindi una
sintesi, un ponte, tra modello e realtà, proprio per questo ci piace definirlo
un “catalizzatore di processi di pensiero” .
Allo
stesso tempo Prossimo è parte di un progetto più complesso, di cui rappresenta
solo un primo passo: compreso il modello, l’utente deve essere messo in
condizione di poter costruire il proprio processo produttivo utilizzando gli
elementi del linguaggio formale come mattoncini del Lego®. Solo a questo punto
si potrà parlare propriamente di strumento gestionale: l’utente potrà simulare
gli effetti legati alle diverse opzioni tecniche e strategiche sui flussi
produttivi.
In
ultimo, ritengo importante sottolineare come un impostazione di questo
genere sia completamente coerente
con l’approccio socratico del metodo di insegnamento di Goldratt, su cui egli
ha sempre particolarmente insistito. Non c’è niente di più antitetico al
fornire soluzioni preconfezionate di uno strumento software aperto, in
contrapposizione alla consueta rigidità degli strumenti gestionali, e di tutte
le domande che può generare.
L’
accoglienza entusiastica e il successo commerciale de “L’obiettivo” e, in misura minore, delle altre opere di
Goldratt, non hanno trovato il riscontro che ci si sarebbe potuti aspettare in termini di applicazione in
azienda. Poche centinaia di implementazioni rispetto al numero di copie vendute
è un risultato piuttosto deludente per una metodologia, definizione peraltro
limitante se si considera il vasto corpo di conoscenze sviluppato, prettamente operativa.
Questa
resistenza ha cause profonde e, in qualche modo, intrinseche ad ogni processo
di cambiamento in cui la persona assuma un ruolo proattivo. Le tre domande
preliminari a qualsiasi forma di azione sono:
-
Che
cosa cambiare?
-
In
che cosa cambiare?
-
Come
attuare il cambiamento?
I
libri , a maggior ragione se integrati
con uno strumento che faciliti la visualizzazione e fornisca una sorta
di addestramento “pratico” come il simulatore (Prossimo) rispetto a “L’obiettivo”,
forniscono una risposta esaustiva alle prime due domande. Questo però non è
sufficiente perché le azioni programmate vengano effettivamente intraprese.
Negli
anni, parallelamente alla presa di coscienza di quanto questi aspetti fossero
nodali e di come le componenti emotive fossero inscindibili dai processi
logico-razionali, è stata creata una strumentazione concettuale (Thinking
Processes Tools) finalizzata a guidare il cambiamento. Il percorso cui questa strumentazione è
associata, è probabilmente la parte più
universale nella sua applicabilità e potente di tutta la TOC.
Il
punto di partenza è che ogni processo decisionale, di costruzione del consenso
per la decisione, posto che le persone non sono disposte ad intraprendere
azioni che non condividono, si
articola in tre fasi:
-
Preparazione
-
Decisione
-
Post-decisione
– esecuzione
Sono
stati definiti sei livelli successivi di resistenza legati a queste tre fasi:
-
Disaccordo
sul problema
-
Disaccordo
sulla direzione della soluzione
-
Disaccordo
sulla completezza della soluzione (porterà i risultati sperati?)
-
Preoccupazione
a causa delle implicazioni negative, a livello aziendale e personale, che
deriverebbero dall’implementazione della soluzione
-
Preoccupazione
dettata dalle difficoltà e ostacoli ipotizzabili in fase di implementazione
-
Perplessità
sulla capacità di implementare la soluzione e dubbi sul come fare
Piuttosto
che entrare nel dettaglio dei singoli livelli di resistenza mostrando come
con i TP tools si arrivi a
rispondere alla domanda “Come attuare il cambiamento?” – per qualsiasi
approfondimento rimandiamo prima
di tutto al nostro sito - è
possibile fare qualche considerazione sul loro significato complessivo.
La
struttura del percorso di attraversamento dei sei livelli di resistenza non è
casualmente sequenziale: transire ad un livello successivo significa avere
acquisito gli elementi di conoscenza corrispondenti al precedente. In questo senso il disaccordo e la
perplessità sono prima di tutto intorno al concetto di conoscenza, cioè sono il segnale da parte di colui che riceve il
messaggio che l’idea che gli è stata trasmessa non ha senso per lui. Il
messaggio quindi non si adatta alla sua logica o percezione della conoscenza.
La prima funzione dei TP tools è quellla di decodificatori della logica sottesa
alla soluzione, che viene suddivisa in atti elementari e sottoposta ad una
progressiva verifica e validazione sia da parte di chi l’ha costruita sia da
parte delle persone che sono chiamate ad esprimere il proprio consenso.
L’attraversamento dei sei livelli di resistenza ha un legame profondo con la nostra limitata capacità di
previsione. Gli scenari futuri sono infatti il “luogo” degli assunti: in un
contesto di incertezza siamo
completamente condizionati dai nostri modelli mentali, non quindi dalla realtà ma dal modo,
spesso deformante, in cui guardiamo a questa. Verbalizzare questi assunti attraverso i TP tools,
verificarne la coerenza logica è un primo modo per sfidarli. Generalmente
infatti essi, pur appartenendoci, sono e restano confinati ad un livello di semi-consapevolezza fintantoché
non si adottano gli strumenti opportuni per poterli sollevare.
Il
vero punto di svolta è poi l’azione poiché nella misura in cui cambia la
realtà, di riflesso cambiano profondamente anche i nostri modelli
interpretativi.
Per
passare alla fase di azione tuttavia un percorso completamente autonomo che
segua le tappe nel loro ordine razionale, partendo quindi dalla lettura,
passando attraverso la simulazione
e arrivando alla comprensione intellettuale degli assunti, non è
sufficiente. Non può mancare una guida esterna che unisca alla conoscenza del metodo la capacità
di supportarci nell’affrontare i
nostri assunti e l’ammontare di
irrazionale ad essi legato.
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