domenica 3 agosto 2014

Gestione per processi verso il miglioramento continuo

Anche questo è un pezzo, scritto 15 anni fa alla vigilia del più importante cambiamento, finora, introdotto nella iso 9001, il passaggio allo schema sistemico o per processi.

Fu un percorso travagliato che seguimmo in presa diretta nella speranza, poi delusa, che lo standard inglobassero perlomeno facesse esplicito riferimento alle metodologie più adeguate a supportare un'organizzazione genuinamente per processi.


La nuova versione dello standard per i sistemi di qualità ISO9001:2000 sottolinea ulteriormente l’importanza di elementi quali la sincronizzazione delle risorse, il focus sul cliente, l’utilizzo di tecniche statistiche di analisi e misure, la definizione di autorità e responsabilità, ecc… per una gestione efficace dei processi in ottica di miglioramento continuo.
Le differenze introdotte impongono una serie di cambiamenti che prefigurano un comportamento aziendale diverso da quello tradizionale. Il modo in cui si pensa l’azienda influisce profondamente sul modo in cui la si gestisce. L’attuale versione delle norme ISO ha consentito alle aziende di pensarsi in termini di “flusso di processi” nella costruzione di un sistema qualità, ma di rappresentarsi (e quindi gestirsi) con il tradizionale organigramma.
La necessità che ha dato origine in passato a questa rappresentazione è quella sacrosanta di mantenere il controllo della situazione in ogni istante sapendo “chi riporta a chi”. Con il passare del tempo, tuttavia, si è sentita sempre più forte la necessità per le organizzazioni di far fronte alla crescente complessità delle operazioni e delle interazioni tra le diverse funzioni.
In questa condizione lo schema di tipo gerarchico - funzionale si è rivelato del tutto inadeguato dal momento che in esso non sono esplicitati tre fattori fondamentali:
1)    il cliente
2)    le interazioni trasversali tra le funzioni
3)    un meccanismo di feedback da parte del mercato
Questi elementi sono alla base di un modello di gestione per processi, che vede nella gestione delle interdipendenze il modo più efficace per rispondere alle richieste sempre crescenti del mercato in ottica di miglioramento continuo.

L’impresa come sistema

La gestione per processi, dunque, parte da una visione dell’azienda come sistema, ovvero come un insieme di processi che lavorano insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune e condiviso.
La definizione della rete di interdipendenze tra i processi costitutivi del sistema, è il primo passo verso la loro gestione, che prevede la comprensione del loro comportamento attraverso lo studio della variabilità da cui sono affetti. Mi spiego, un processo genera nel tempo un risultato che oscilla attorno ad un valore medio. L’analisi della variabilità con cui i dati vengono generati, ovvero della loro dispersione attorno al valore medio fornisce informazioni sul comportamento futuro del processo.
Lo strumento che permette di monitorare e continuamente migliorare lo stato di un processo è la carta di controllo di Shewart. Questa, infatti, permette di visualizzare oltre al comportamento dei processi nel tempo anche il tipo di variabilità da cui essi sono affetti.
Se la variabilità esiste per tutti i processi, infatti, per alcuni è controllata e per altri è incontrollata.  Soltanto i processi affetti da variabilità controllata, detti anche stabili, mostrano predicibilità, e di conseguenza sono gestibili.  Processi instabili non danno alcuna garanzia sul loro comportamento futuro, rendendo così vano qualsiasi sforzo verso il miglioramento degli stessi.

La stabilizzazione dei processi

La stabilizzazione dei processi è il prerequisito per la loro gestione.
Oltre alla carta di controllo, altri strumenti a supporto di questa fase di stabilizzazione sono gli strumenti logici forniti dalla TOC ( Theory of Constraints), sviluppata dal fisico israeliano Eli Goldratt negli ultimi 20 anni. In particolare la “Nuvola di Disallineamento” e “l’Albero della Transizione”, aiutano a definire le basi su cui costruire un processo di miglioramento continuo delle prestazioni. L’utilizzo di questi due strumenti consente di definire i ruoli delle persone all’interno dell’organizzazione eliminando ogni disallineamento tra autorità e responsabilità e fornendo un meccanismo di trasmissione di istruzioni chiare. La “Nuvola di Disallineamento”, infatti, aiuta a focalizzare sul problema, molto sentito nelle organizzazioni, per cui spesso le persone si trovano ad avere la responsabilità e la competenza per svolgere un’attività, ma sono bloccate nel loro lavoro da altre che ne hanno l’autorità formale.
“ L’Albero della Transizione” fornisce un meccanismo fondato sulla logica causa effetto per definire procedure di lavoro e trasferire istruzioni chiare a tutti i livelli.
Queste due azioni: riallineare autorità e responsabilità e ridisegnare le procedure, trovano generalmente molte resistenze. La motivazione risiede nel fatto che ad ogni procedura definita sarà associato un sistema di misura per la valutazione del lavoro delle persone. E’ logico, quindi, che le persone si comportino in modo da massimizzare il risultato delle prestazioni secondo il sistema di misura adottato.
Qualsiasi cambiamento del modo di concepire e definire i ruoli, le procedure e le istruzioni di lavoro dovrà essere seguito da un sistema di misura della prestazioni coerente.
Se il lavoro delle persone dev’essere in linea con l’obiettivo, e se il sistema di misura delle prestazioni spinge le persone a comportarsi in modo coerente con esso, ci si chiede quale debba essere l’obiettivo del sistema e quali unità di misura debbano essere adottate per quantificare l’impatto che ogni singola azione ha su di esso.

Il controllo del sistema

Tornando al problema iniziale, chi gestisce un’organizzazione ha la necessità di esercitare controllo su di essa. Che cosa si intende per controllo?

Probabilmente la possibilità di monitorare ed intervenire sulle prestazioni del settore di organizzazione di cui si è responsabili.
Tuttavia non accade mai che un intervento riguardi una sola area funzionale. Certamente non possiamo affermare che la produzione sia la sola responsabile di ciò che accade esclusivamente in produzione, la produzione è un elemento della catena e la sua prestazione è fortemente influenzata da tutte le altre aree funzionali. Aree funzionali che hanno ragione di esistere poiché in esse sono contenute le necessarie competenze.
Il limite di una struttura gerarchico funzionale, infatti non è la presenza di aree funzionali, bensì il modo in cui esse vengono controllate, con l’idea che sia la somma degli ottimi locali a fare l’ottimo globale.
Di fatto, la forte interdipendenza tra le funzioni richiesta dalla complessità intrinseca del lavoro di oggi rende illusoria l’idea di poter controllare l’operato di ogni singola funzione.
Guardando il sistema globale su che cosa dobbiamo concentrare l’attenzione per esercitare controllo?
 Secondo la TOC, ogni organizzazione ha un vincolo, ovvero un elemento che ne limita le prestazioni verso l’obiettivo prefissato. I risultati ottenuti da un organizzazione i cui processi mostrano una ragionevole prevedibilità dipendono dal suo vincolo; è su questo, quindi, che ci si deve concentrare per massimizzare le prestazioni.
Il controllo del vincolo permette di controllare la prestazione dell’intero sistema e, contemporaneamente, di visualizzare le interdipendenze tra i processi soddisfando così entrambe le necessità sottese ad una buona gestione.

La gestione del sistema

Gestire il sistema, quindi, significa gestire il vincolo. Goldratt propone cinque passi, I cinque passi di focalizzazione, per gestire il vincolo di un organizzazione in ottica di miglioramento continuo delle prestazioni:
1.    Identificare il vincolo
2.    Sfruttare il vincolo
3.    subordinare il sistema al vincolo
4.    elevare il vincolo
5.    se il vincolo è stato eliminato tornare al passo 1, evitando che l’inerzia diventi il vincolo

Il vincolo può essere di tipo fisico, tipicamente in produzione una macchina o un gruppo di macchine; identificarlo è relativamente semplice, probabilmente è quella fase di produzione davanti alla quale si accumulano i semilavorati.
Nella gestione di un progetto, il vincolo è individuato dalla catena critica, ovvero dalla catena più lunga di attività dipendenti che tiene conto della contesa di risorse, ed è generalmente rappresentato dalla scarsa disponibilità di una o più risorse.
Più in generale possiamo identificare il vincolo analizzando la variabilità associata ai processi ed al loro modo di interagire.
Se le prestazioni globali del sistema dipendono dalle prestazioni del vincolo, allora è necessario proteggerlo per assicurarsi che esso non smetta mai di produrre.
Il meccanismo di protezione del vincolo è il buffer, ovvero un ideale contenitore la cui unità di misura è il tempo. (in produzione il buffer ad esempio è una quantità di tempo in anticipo sul rilascio del materiale che assicuri sempre lavoro al vincolo; nella gestione dei progetti il buffer è la quantità di tempo che si accumula alla fine del progetto prima della data di consegna prefissata)
Il controllo sulle prestazioni del sistema viene esercitato mediante un continuo monitoraggio della quantità di buffer consumato. Immaginando il buffer come un contenitore ideale, le azioni sul sistema saranno dettate dal suo livello di svuotamento.
In quest’ottica quello che è stato introdotto come un meccanismo di controllo delle prestazioni diventa un efficace e rigoroso strumento strategico per chi gestisce l’organizzazione. 

L’implementazione di un modello sistemico

La gestione per processi in ottica di miglioramento continuo, come richiesto dallo standard, presuppone la creazione delle condizioni per il miglioramento continuo del fattore limitante l’organizzazione.
Quali sono le difficoltà legate all’implementazione di un modello di gestione per processi?
La risposta ci riporta al conflitto di fondo di tutte le organizzazioni: adottare uno schema di gestione gerarchico funzionale vs. adottare uno schema non gerarchico – funzionale.
All’interno di una struttura organizzativa di tipo gerarchico le persone sono portate a sviluppare una visione molto ristretta del modo in cui lavora l’organizzazione di cui fanno parte. Se oltre a questo si aggiunge un sistema di misura delle prestazioni che premia gli ottimi locali, diventa impossibile che le risorse indirizzino i propri sforzi verso un’ottimizzazione globale.
Per costruire un approccio di gestione realmente sistemico è necessario rivalutare la struttura di governo di un’organizzazione.

Conclusione 

Lo standard rappresenta una linea guida per i responsabili della qualità, ma non fornisce un modello e gli strumenti necessari per la soddisfazione dei requisiti richiesti.
In conclusione un modello di gestione sistemica rappresenta la direzione della soluzione ai problemi di chi deve certificarsi e di chi deve adattare il proprio sistema di qualità alla nuova release dello standard.
Identificata la direzione della soluzione, si definiranno le azioni da intraprendere per soddisfare i requisiti del sistema di qualità richiesti da Vision 2000. Il Decalogo, metodica di gestione sistemica realizzata negli ultimi due anni, fornisce il metodo e gli strumenti per l’implementazione dei requisiti richiesti unendo alla realizzazione di un sistema di qualità coerente ed efficace ( strutturazione dei processi, analisi e misure dei processi, definizione dei ruoli in azienda, costruzione della documentazione, …), gli aspetti produttivi da considerare per garantire la crescita in ottica di miglioramento continuo delle prestazioni.

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