sabato 21 settembre 2013

C’è vita intelligente in quell’universo di dati? Nuovi paradigmi per la business intelligence.


Sono dati di fatto che:

1 – la business intelligence (BI) è stata inventata per rendere più semplice l’interpretazione (decodifica) dei sistemi complessi e di conseguenza agevolare la presa di decisioni efficaci

2 – la BI sta “annegando” in un mare di complessità auto-generata

3 – non è la mancanza di tecnologie la causa del flop, anzi è proprio l’opposto, l’eccessivo focus sulle tecnologie fa perdere di vista il punto cruciale.

Qual è il punto cruciale? A mio avviso la difficoltà nasce quando gli utilizzatori finali di BI devono costruire il modello (concettuale)  con cui incasellare i dati.

Se il paradigma a cui si ispira il modello non è in grado di rispondere a 3 domande chiave allora la BI non serve a nulla:

1.I nostri processi e il nostro sistema sono stabili e a variabilità ridotta?

2.Sappiamo dove stanno i colli di bottiglia e li sappiamo gestire?

3.Abbiamo un sistema di pre-allarme che ci avvisa quando la complessità sta raggiungendo la soglia critica e siamo a rischio collasso?

Il brainware per dare risposta a queste domande esiste, la tecnologia pure, cosa aspettiamo a unirli?

Quali sono i punti deboli , i principali ostacoli alla diffusione pervasiva della BI nelle aziende?

Ho lavorato nell’ICT per ca. 12 anni prima di darmi alla consulenza “di direzione”. Sia prima come tecnico che come organizzativo ho riscontrato un profondo divario tra le opportunità offerte dalla tecnologia, in particolare quello che oggi chiamiamo BI-BPM, e ciò che le aziende utilizzano realmente.

A dispetto degli enormi investimenti nello sviluppo delle tecnologie, nella formazione, nel marketing, siamo ancora lontani da una situazione soddisfacente. E’ un po’ di tempo che mi chiedo se il fattore limitante non siano le politiche di vendita dei fornitori ICT unite al fatto che spesso i tecnici comprendono poco e male la realtà delle aziende.

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