Agli inizi degli anni ’80
frequentavo il Politecnico di Milano (ingegneria elettronica); si cominciava a
parlare di ingegneria del software (per aumentare la produttività) e
contemporaneamente il libro che ci veniva indicato come “quello di riferimento”
si intitolava “the art of computer programming”.
Già allora provavo un sottile
fastidio, le due cose mi sembravano in contraddizione, senza capirne la ragione.
A distanza di 30 anni mi sembra che la contraddizione sia ancora viva nel mondo
del software.
Si è ormai dato per scontato (naturale e immutabile) che non ci
sia un modo per conciliare ingegneria e creatività, solo compromessi al ribasso
sono possibili.
18 anni di pratica con la TOC (Theory of Constraints) mi hanno
insegnato che proprio le contraddizioni apparentemente insolubili sono la fonte
di progressi formidabili se affrontate e risolte con coraggio e strumenti
adatti.
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